Alice | Travel & Lifestyle🌙

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Per capire autenticamente Città del Capo, bisogna conoscere “Langa”, la sua township più antica, fondata nel 1927 durante l’apartheid: simbolo di un passato molto difficile, ma anche di un presente in graduale trasformazione. Un luogo che porta ancora forti segni della sua storia, ma che oggi pulsa di energia, cultura, bisogno di rivalsa e solidarietà. Abbiamo esplorato la Langa con Jerry, una guida nata e cresciuta lì, che ci ha accompagnati tra le sue vie e all’interno di alcune scuole e abitazioni, dove abbiamo avuto il privilegio di condividere tempo, storie e sorrisi con chi vive la township ogni giorno. Non eravamo lì da “spettatori”, ma con il desiderio autentico di entrare in contatto, ascoltare e conoscere. I bambini del posto che abbiamo conosciuto, hanno caldamente richiesto scatti e giochi da fare insieme per tutto il tempo, le famiglie ci hanno fatti entrare nei loro soggiorni con sincera gentilezza. Un’esperienza che ci ha ricordato quanto sia potente un incontro, se vissuto con rispetto e apertura.

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Sono sul treno direzione Roma Termini e scorro un po’ di foto con un velo di nostalgia. Penso a quant’è forte il potere dell’amicizia-ma non solo-, e l’ho sentita tutta quell’energia arrivarmi addosso in questi mesi. Un sacco di cose random per le quali sono grata: • Le riunioni segrete del G7 che avete fatto •La coreografia meravigliosa e inaspettatatissima •L’ansia che mi avete tolto le sere precedenti (quasi). •Il momento di esibizione post Sangria alla Bouqueria di Barcellona •Il ballo con un Lorenzo gonfiabile dopo svariati bicchieri di vino •Trovarmi di fronte a numerose acconciature colorate nuove (vi donavano molto) •La commozione condivisa di fronte all’abito bianco •Le filastrocche in rima e fischietti improponibili •Il relax insieme dopo un brunch a 3 meraviglioso •Un buon ristorante cinese ed emozioni condivise a ridosso giorno X •Le lettere che conserverò sempre con me •Il pulman spagnolo animato dalle nostre canzoni (Le avventure spagnole meriteranno un post a parte) •Gli innumerevoli scherzi e gli striscioni ovunque •La musica in sottofondo, Firenze da sfondo e tre tele da macchiare di colori. Ma soprattutto: presenza vera. Vi voglio bene.

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Partiamo da qui, da cosa è successo 10 giorni fa. ❤️ Che bella magia.

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Ci sono momenti in cui non abbiamo bisogno di risposte o soluzioni rapide. Abbiamo bisogno di qualcosa di molto più prezioso: uno sguardo che sappia sostare su di noi senza giudizio, che dica silenziosamente: “Ti vedo. Ti riconosco. E va bene così.” Essere visti davvero-non solo per ciò che mostriamo, ma per ciò che siamo, anche nelle molteplici parti più imperfette- è un’esperienza profondamente trasformativa. È un atto di cura sottile ma potente, che ci restituisce a noi stessi. Perché quando ci sentiamo riconosciuti, smettiamo di doverci difendere e iniziamo a sentirci al sicuro. E in quello spazio ci si può concedere di essere se stessi. ❤️

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Ci siamo scelte tra i banchi di scuola, quando l’unico “per sempre” che conoscevamo probabilmente era il compito di fisica che non andava benissimo. Poi sono passati gli anni tra risate,intermittenze, presenze silenziose, condivisioni e vinelli; per poi ritrovarci a condividere i mesi più intensi (e deliranti) di sempre. Due matrimoni a distanza di una settimana l’una dall’altra, due vestiti da damigella, mille messaggi tra idee e ansie. Il 4 luglio eri lì accanto a me, con le mani un po’ tremanti ma la voce salda e accogliente (le prove sono state un plus senz’altro, ammettilo!), celebrando uno dei momenti più importanti della mia vita. Il 10/12 luglio ero io accanto a te e e ho avuto l’onore di scattarti qualche foto mentre promettevi qualcosa che in realtà avevi già promesso da tempo e a brindare vestita di blu al tuo fianco. In entrambi i casi ci guardavamo con occhi rassicuranti e felici. Grazie di tutto questo ❤️ E adesso please troviamo qualcos’altro da riorganizzare insieme.

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Avete mai sentito parlare di “Christmas blues”? Io, devo essere onesta, ho sempre sottovalutato questo aspetto facendo un po’ parte di quelle persone super entusiaste dell’atmosfera natalizia, a partire già da novembre con le decorazioni qua e là. Poi ho iniziato a fare i conti in modo diverso con questa festività che, in qualche modo, festeggia gli affetti, ma certi affetti possono non esserci più. Subentra un mix di sensazioni nuove ed è importante saperle cogliere. Dandosi il tempo per riflettere senza sottovalutare dei disagi che si possono provare, e fermandosi ad ascoltare e comprendere i nostri nodi irrisolti.

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In uno degli ultimi momenti in sequenza, mi sono commossa come una scema. Parigi e i suoi effetti collaterali. ???? Ps: ma come posso non pensare di ritornarci al più presto ora che ho scoperto del nuovo frecciarossa quotidiano che fa la tratta Milano-Parigi? Siamo tutti tentati, va ammesso. ????

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Ci sono alcune persone che decidono di salire su scale mobili interminabili e farsi trascinare dal loro ritmo. Si lasciano trasportare, si godono alcuni attimi di lentezza e decidono di non scegliere quanti scalini o passi fare. Altre, salgono sulle scale mobili ed hanno talmente fretta di “fare” che, nonostante il movimento, ci camminano sopra a passi lunghi per arrivare prima possibile alla cima. Io, ad esempio, mi sento di essere tra queste. Il bisogno di muoversi, ideare, creare, pianificare, fare, inventare, esserci. L’agenda fitta di impegni che forse diventa un modo, quasi appagante, per non pensare. E te ne accorgi così: in un freddo giorno di novembre al Trocadèro, con una valanga di pensieri stoppati che ti piombano addosso. Lì dove la forza dei ricordi è nitida, e i ritmi incalzanti un pochino più lontani concedono tempo. L’interruttore della mente frenetica, per fortuna e a fatica, si spegne nel tentativo di apprezzare il momento presente. Perché così si dovrebbe fare. Dobbiamo solo ricordarcelo.

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Oggi sono due anni di cose che avrei da raccontarti. Adesso, a differenza dello scorso anno (che avrei parlato principalmente di una pandemia mondiale) non saprei proprio da dove partire nel dirti quel che è successo finora, quel che continua ad accadere. Come io stia cambiando, come tutto scorra alla velocità della luce. Assurdo. Forse oggi avrei condiviso qualche piccola soddisfazione che sta arrivando e forse i tuoi occhi sarebbero stati fieri. Ho provato a dargli forma a quel che sento. Mi è stato chiesto, di recente e in una preziosa attività di gruppo, di provare a rappresentare le mie sensazioni attraverso un’immagine. Ho sentito freddo, mi sono vista tra la neve, con i piedi un po’ appesantiti, con un bagaglio carico sulle spalle e un rifugio lì vicino nel quale voler subito fuggire. Perché sento che mi devo riparare subito quando si scoprono alcune parti, e sto imparando a fare un po’ così. Forse lasciarle scoperte a volte però farebbe bene, per poterle vedere e capire meglio. Per poter cicatrizzare. Proprio ieri dicevo di prendersene cura, delle proprie ferite emotive. Poi ho pensato che l’ultima volta che avevo sentito quel tipo di “freddo” ero in una stanza un po’ anonima che ho odiato, ma nella quale c’eri tu. A Parigi ho rivisto alcune scene, che cerco di custodire con cura, di qualche anno fa: eravamo io, te e mamma e tutto intorno sembrava essere perfetto. Quella famosa frase che dice “eravamo felici e non lo sapevamo”, è proprio vera. ????

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